K metro 0 – Tel Aviv – Se il conflitto a Gaza continua purtroppo a provocare devastazioni su larga scala, un’altra crisi, silenziosa e profonda, sta colpendo l’esercito israeliano: quella psicologica. Secondo quanto riportato dai principali media israeliani, almeno 44 militari si sono tolti la vita dall’inizio della guerra, scoppiata il 7 ottobre 2023. Un
K metro 0 – Tel Aviv – Se il conflitto a Gaza continua purtroppo a provocare devastazioni su larga scala, un’altra crisi, silenziosa e profonda, sta colpendo l’esercito israeliano: quella psicologica. Secondo quanto riportato dai principali media israeliani, almeno 44 militari si sono tolti la vita dall’inizio della guerra, scoppiata il 7 ottobre 2023. Un dato che evidenzia il crescente disagio mentale tra le truppe, in particolare tra i riservisti impegnati in prima linea, come riferito dal quotidiano Haaretz.
L’ultimo suicidio è avvenuto difatti lunedì 14 luglio in una base nel nord di Israele, sulle Alture del Golan. Il soldato della Brigata Nahal è il quarto caso in meno di due settimane. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno confermato l’apertura di un’indagine da parte della polizia militare.
Secondo Canale 12, il militare era sotto inchiesta da circa un mese e i suoi superiori gli avevano ritirato l’arma d’ordinanza. Tuttavia, è riuscito a togliersi la vita usando la pistola di un commilitone che dormiva. La stampa israeliana riporta che l’indagine in corso non sarebbe legata a comportamenti preoccupanti, ma uno dei suoi amici più intimi è rimasto ucciso da un’esplosione a Gaza solo poche settimane prima.
Un altro caso ha poi coinvolto un soldato della brigata Golani suicidatosi nella base di Sde Teman, nel deserto del Negev, dopo essere stato indagato dalla polizia militare. Anche in quest’occasione, pur avendo restituito l’arma in dotazione, è riuscito ad avere accesso a un’altra pistola per togliersi la vita. Un terzo suicidio è stato riportato dal sito Walla, riguardante un militare affetto da forte stress post-traumatico dopo lunghi mesi di servizio a Gaza e in Libano.
Haaretz evidenzia che il numero delle autoeliminazioni è in aumento: 15 casi nei primi sette mesi del 2025, contro i 21 registrati nell’intero 2024. Una tendenza, appunto, che riflette la devastazione psicologica dei soldati, soprattutto i riservisti.
Oltre al dramma umano, l’esercito israeliano si trova di fatto a gestire una seria crisi di personale. La carenza di soldati ha costretto le autorità militari a impiegare unità d’élite e forze speciali, come la 98esima Divisione paracadutisti, in operazioni di fanteria ordinaria, spesso senza un’adeguata preparazione logistica.
L’Istituto israeliano per gli studi sulla sicurezza nazionale ha recentemente lanciato l’allarme, parlando della peggiore crisi di personale mai affrontata dalle IDF. Secondo il centro di ricerca, servirebbero decine di migliaia di militari in più per sostenere la pressione su più fronti, soprattutto considerando l’ampiezza del territorio in cui Israele cerca di mantenere il controllo militare.
Canale 12 ha riportato che i comandi stanno negoziando con i soldati per prolungare il loro servizio di un altro anno. Molti militari, però, si rifiutano di rientrare dopo turni estenuanti di oltre dodici ore al giorno, con alcuni di loro finiti persino agli arresti per disobbedienza.
Il malcontento dilaga anche per l’estensione forzata dei periodi di leva e per la crescente percezione di un servizio militare trasformato in vera e propria prigionia psicologica. I soldati lamentano logoramento fisico e mentale, aggravato dalla consapevolezza di combattere in una guerra lunga e senza una chiara prospettiva di conclusione.
La Radio dell’Esercito israeliano ha confermato che il numero dei militari uccisi in guerra ha superato gli 890, mentre i feriti sono oltre 10mila. Ma a preoccupare di più è, appunto, il dato sui disturbi psicologici: circa 20mila soldati presentano sintomi da stress post-traumatico.
Un sondaggio condotto dallo stesso istituto rivela inoltre una crescente sfiducia tra la popolazione: il 71% degli israeliani considera l’esenzione dei religiosi Haredi dal servizio come un elemento demotivante per chi è chiamato alle armi, mentre il 42% afferma che tale disparità incide negativamente sulla decisione di incoraggiare i propri figli ad arruolarsi.
Nonostante le pressioni internazionali per un cessate il fuoco, Israele continua le operazioni militari a Gaza, dove – secondo dati palestinesi – il bilancio delle vittime ha superato i 57.700 morti, in gran parte donne e bambini. La Corte penale internazionale ha emesso nel novembre 2024 mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Un altro procedimento è in corso alla Corte internazionale di giustizia, dove Israele è accusato di genocidio.
In questo contesto, il deterioramento psicologico dei soldati rappresenta una delle conseguenze più gravi e meno raccontate della guerra. La sofferenza mentale, il trauma e il senso di abbandono vissuti dai militari mostrano un esercito logorato non solo nei numeri ma nella tenuta umana e morale.