K metro 0 – Bruxelles – Il 21 maggio, presso il Parlamento europeo, si è svolta una conferenza senza precedenti che ha riacceso il dibattito sulla libertà di espressione nell’era digitale. Esperti internazionali, eurodeputati e rappresentanti della società civile si sono riuniti per discutere i rischi legati al Digital Services Act (DSA), la normativa dell’Unione
K metro 0 – Bruxelles – Il 21 maggio, presso il Parlamento europeo, si è svolta una conferenza senza precedenti che ha riacceso il dibattito sulla libertà di espressione nell’era digitale. Esperti internazionali, eurodeputati e rappresentanti della società civile si sono riuniti per discutere i rischi legati al Digital Services Act (DSA), la normativa dell’Unione Europea che impone nuovi obblighi alle piattaforme online. Secondo i promotori dell’incontro, il DSA potrebbe rivelarsi uno strumento di censura mascherato da regolamento per la sicurezza in rete.
La conferenza, organizzata congiuntamente da ADF International – organizzazione legale cristiana impegnata nella difesa dei diritti fondamentali – e dagli eurodeputati Stephen Bartulica (Croazia) e Virginie Joron (Francia), ha visto la partecipazione di giuristi, giornalisti e politici da tutta Europa e dagli Stati Uniti. Il titolo dell’evento – “La legge sui servizi digitali e le minacce alla libertà di espressione” – ha sintetizzato bene le preoccupazioni espresse nel corso della giornata.
Paul Coleman, direttore esecutivo di ADF International, ha definito il DSA “una delle più gravi minacce alla libertà di parola online nell’era digitale”. La normativa, approvata dall’UE nel 2022, mira a contrastare la disinformazione e a proteggere gli utenti dai contenuti illeciti, imponendo alle grandi piattaforme come Meta, X (ex Twitter) e TikTok l’obbligo di rimuovere rapidamente i contenuti considerati illegali in uno Stato membro. Ma proprio questo punto è al centro delle critiche: “Il rischio – ha spiegato Coleman – è che le leggi più restrittive sulla libertà di parola in un singolo Paese UE vengano applicate a tutta l’Unione, introducendo un ‘minimo comune denominatore’ censorio”.
Durante la conferenza, è stato citato anche il caso di Päivi Räsänen, deputata finlandese perseguita per aver pubblicato un versetto della Bibbia con opinioni critiche sull’ideologia gender. Nonostante due assoluzioni, la procura ha fatto ricorso alla Corte Suprema. “Con il DSA – ha avvertito Coleman – casi simili potrebbero diventare frequenti in tutta Europa”.
La deputata Virginie Joron ha rincarato la dose, affermando che il DSA, nato per garantire un ambiente digitale sicuro, si è trasformato in “uno strumento di sorveglianza digitale”, usato per reprimere dissenso politico e religioso. “Le piattaforme sono sempre più soggette a pressioni politiche per rimuovere contenuti scomodi, col rischio di un controllo capillare sull’opinione pubblica”, ha dichiarato.
Critiche simili sono arrivate anche da oltre Atlantico. Il Dipartimento di Stato americano ha espresso “profonda preoccupazione” per il potenziale censorio del DSA. In particolare, ha citato episodi in cui il commissario europeo Thierry Breton avrebbe minacciato sanzioni contro X per contenuti politici. Anche la vicepresidente esecutiva della Commissione europea Henna Virkkunen, responsabile per la sovranità tecnologica e la democrazia, è stata messa sotto pressione durante un incontro con il deputato americano Jim Jordan.
La posizione dell’UE, tuttavia, resta ferma. In un’intervista a Euronews, Henna Virkkunen ha difeso il DSA, sostenendo che la normativa non mira a censurare contenuti, ma a “garantire che le piattaforme online valutino e mitighino i rischi sistemici”. Secondo Virkkunen, la legge è “equa e trasparente”, applicabile in egual misura ad aziende europee, americane e cinesi, e non limita la libertà di parola dei cittadini.
“Non stiamo regolando i contenuti, ma chiediamo alle piattaforme di essere trasparenti nel modo in cui operano, di spiegare agli utenti perché vedono determinati contenuti e di offrire opzioni di scelta”, ha ribadito. Ha inoltre evidenziato come le normative siano cruciali per prevenire interferenze elettorali e campagne di disinformazione, citando il caso della Romania, dove un’indagine ha rivelato l’uso di bot per promuovere un candidato nazionalista su TikTok.
Ma le rassicurazioni della Commissione non bastano a placare le critiche. Secondo Rod Dreher, giornalista americano e autore di bestseller intervenuto alla conferenza, esiste oggi in Europa “una classe dirigente censoria” che preferisce reprimere le opinioni dissenzienti piuttosto che affrontare i problemi sociali. Dreher, vicino al vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, ha parlato di “totalitarismo morbido”, invitando la società civile a “rifiutare qualsiasi evento in cui non si possa dire la verità”.
Sul fronte giuridico, ADF International ha suggerito possibili vie per opporsi al DSA. Secondo Coleman, è possibile presentare ricorsi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiedendo l’annullamento della legge o di alcune sue parti per violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Inoltre, ha invitato i parlamentari a sfruttare la revisione obbligatoria del DSA, prevista entro novembre 2025, per sollevare dubbi sulla sua compatibilità con i trattati europei e internazionali sulla libertà di espressione.
In un contesto globale in cui la disinformazione è una minaccia concreta e le piattaforme online giocano un ruolo cruciale nel dibattito pubblico, il confine tra regolamentazione e censura si fa sempre più sottile. Il dibattito sul DSA è destinato a intensificarsi nei prossimi mesi, anche alla luce delle elezioni europee in arrivo e dell’interesse crescente da parte di governi extra-UE.
Mentre da un lato l’Unione Europea rivendica la necessità di norme comuni per un cyberspazio sicuro e responsabile, dall’altro cresce il timore che queste stesse norme possano compromettere i valori fondamentali su cui l’Europa si è costruita: libertà, pluralismo e democrazia.
In definitiva, la vera sfida sarà trovare un equilibrio credibile tra la protezione degli utenti e la salvaguardia della libertà di espressione. Perché, come ha ricordato Coleman in chiusura, “la libertà di parola non è un lusso, ma la base di ogni società libera e giusta”.
di Sandro Doria