K metro 0 – Salonicco – Nel cuore di Salonicco, tra condomini moderni e panchine appena installate in un parco cittadino, un’escavatrice ha portato alla luce molto più che semplice terreno: ha risvegliato una memoria storica sopita per decenni. Durante lavori di riqualificazione urbana, sono stati ritrovati i resti di 33 persone sepolte in fosse
K metro 0 – Salonicco – Nel cuore di Salonicco, tra condomini moderni e panchine appena installate in un parco cittadino, un’escavatrice ha portato alla luce molto più che semplice terreno: ha risvegliato una memoria storica sopita per decenni. Durante lavori di riqualificazione urbana, sono stati ritrovati i resti di 33 persone sepolte in fosse comuni non contrassegnate, all’ombra della fortezza bizantina di Yedi Kule — un luogo tristemente noto come prigione e centro di esecuzioni durante la guerra civile greca del 1946-49.
Il ritrovamento, che ha inizialmente suscitato sorpresa e discrezione, si è rapidamente trasformato in un caso di rilevanza storica e nazionale. “Abbiamo trovato molti proiettili nei crani”, ha dichiarato l’ingegnere Haris Charismiadis, supervisore dei lavori. Accanto alle ossa, anche oggetti personali: una scarpa da donna, una borsetta, un anello. Testimonianze materiali di vite spezzate, frammenti silenziosi di un passato che torna a parlare.
La guerra civile greca, scoppiata nel vuoto di potere lasciato dalla fine dell’occupazione nazifascista, è stata una delle prime manifestazioni della Guerra Fredda. Vide contrapposte le forze governative, appoggiate da Stati Uniti e Regno Unito, e le milizie comuniste. Il prezzo fu altissimo: decine di migliaia di morti, arresti, torture e deportazioni. A Yedi Kule, secondo fonti storiche e il Partito Comunista Greco, furono giustiziati almeno 400 prigionieri politici. Molti vennero giustiziati senza processo o dopo giudizi sommari, i loro corpi sepolti in segreto per non lasciare traccia.
Oggi, per la prima volta, uno di questi luoghi di sepoltura viene esumato. Il Parco della Resistenza Nazionale è diventato simbolo non solo di una memoria ritrovata, ma anche di una ferita ancora aperta. Famiglie di discendenti stanno portando fiori, chiedendo test del DNA per dare un nome ai resti e poter finalmente seppellire i propri cari con dignità. Uno di loro, Agapios Sachinis, 78 anni, ha raccontato con commozione di suo zio, giustiziato a 19 anni per non aver rinnegato le proprie idee. “Voglio che Agapios sia vicino a me, almeno finché sarò vivo”, ha detto.
Il sindaco di Neapolis-Sykies, Simos Daniilidis, ha disposto l’estensione degli scavi in altre aree del parco. “Dobbiamo mandare un messaggio: mai più”, ha affermato. Ma la reazione delle autorità nazionali è stata tiepida. Nessun commento ufficiale da parte del governo, a conferma di quanto questo capitolo della storia greca resti ancora difficile da affrontare pubblicamente.
La scoperta di Salonicco è un duro promemoria: dietro l’apparente normalità dei luoghi possono celarsi le ombre di tragedie irrisolte. Le fosse comuni, i documenti secretati, le esecuzioni taciute, non sono solo parte del passato, ma interpellano il presente. L’identificazione dei resti, il riconoscimento delle vittime e la restituzione della memoria non sono solo atti di giustizia individuale, ma anche passi necessari per una vera riconciliazione nazionale.
In un’Europa che spesso dimentica, Salonicco ricorda.
di Sandro Doria