K metro 0 – Parigi – La libertà di stampa continua a vacillare sotto colpi sempre più duri. Non si tratta solo di censure o violenze contro i giornalisti, ma anche – e in modo sempre più pervasivo – di pressioni economiche che minacciano l’esistenza stessa di molti media. È il quadro allarmante che emerge dall’ultimo
K metro 0 – Parigi – La libertà di stampa continua a vacillare sotto colpi sempre più duri. Non si tratta solo di censure o violenze contro i giornalisti, ma anche – e in modo sempre più pervasivo – di pressioni economiche che minacciano l’esistenza stessa di molti media. È il quadro allarmante che emerge dall’ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere (RSF), pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale della libertà di stampa. Nella classifica globale stilata da Reporters Sans Frontieres, l’Italia perde 3 gradini sul 2024 piazzandosi al 49mo posto, il risultato peggiore in Europa Occidentale.
La Norvegia rimane leader e modello nella classifica globale, seguita da Estonia e Paesi Bassi. In fondo alla classifica ci sono Cina, Corea del Nord ed Eritrea, che si collocano rispettivamente alla 178ma, 179ma e 180ma posizione.
“La situazione della libertà di stampa globale nel 2025 è ai minimi storici”, spiega l’organizzazione nella sua analisi. “Più di metà della popolazione mondiale vive in paesi con una situazione ‘molto grave'”.
Il rapporto si basa su una doppia metodologia: un’indagine quantitativa sugli abusi contro i giornalisti e un’analisi qualitativa condotta da esperti locali. Ne emerge un quadro allarmante, che lega la sopravvivenza del giornalismo non solo alla libertà di espressione, ma anche alla sostenibilità economica. Senza un’informazione indipendente, libera e finanziariamente stabile, il diritto dei cittadini a conoscere la realtà viene compromesso.
Il punto sull’Italia
Per Rsf “la libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, nonché da vari gruppi estremisti che commettono atti di violenza. I giornalisti lamentano anche il tentativo della classe politica di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria attraverso una ‘legge bavaglio’ che si aggiunge alla prassi di azioni legali intentate per intimidire, imbavagliare o punire coloro che cercano di partecipare e di esprimersi su questioni di interesse pubblico.
Giù anche gli Usa
Va ancora peggio agli Stati Uniti che passano dal 55mo al 57mo posto con “il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna, mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza sta aggravando notevolmente la situazione”. Le difficoltà economiche spingono alla chiusura molti media locali. Le pressioni finanziarie stanno diventando un ostacolo strutturale alla libertà di stampa.
In Europa più libertà, ma retrocessioni ‘eccellenti’
L’Europa continua a essere la regione del mondo in cui i giornalisti possono fare informazione con maggiore libertà, spiega l’organizzazione che valuta la situazione “buona” solo in sette paesi, tutti europei. “Oltre a una situazione di sicurezza fragile e al crescente autoritarismo, la pressione economica in particolare sta causando problemi ai media di tutto il mondo”, ha affermato Reporters Sans Frontieres.
La classifica di RSF – pubblicata in vista della Giornata internazionale della libertà di stampa – valuta la situazione di un paese o territorio in cinque categorie: politica, diritti, economia, socio-cultura e sicurezza.
A fianco delle sorprese (Trinidad e Tobago 19ma davanti al Regno Unito e Taiwan 24ma davanti alla Francia) molte le ‘retrocessioni’ eccellenti: ad esempio, la Germania, lo scorso anno al decimo posto, non è più nella top ten a causa del “clima di lavoro sempre più ostile per i professionisti dei media, in particolare a causa degli attacchi dell’estrema destra”. Nel 2024, i giornalisti tedeschi che hanno avuto a che fare con ambienti di estrema destra e partiti come Alternativa per la Germania sono stati nuovamente a rischio, denunciando minacce, insulti e timore di violenza fisica. Anche in termini editoriali, la Germania – ora 11ma – è stata criticata, con il rapporto che indica “numerosi casi documentati in cui i professionisti dei media hanno segnalato ostacoli sproporzionatamente elevati nel riportare informazioni sul conflitto in Medio Oriente”.
In Palestina (163ª, -6), la situazione è definita “disastrosa”. RSF accusa l’esercito israeliano di aver distrutto redazioni e ucciso quasi 200 giornalisti. Ad Haiti (112ª, -18), l’instabilità politica contribuisce al caos economico dei media locali.
Oltre alle crisi locali, pesa in modo crescente anche il ruolo delle grandi piattaforme digitali. Le GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) drenano risorse pubblicitarie fondamentali per la sopravvivenza dell’informazione indipendente. RSF denuncia come queste multinazionali, spesso non regolamentate, stiano contribuendo alla diffusione di contenuti manipolati o ingannevoli, minando ulteriormente il ruolo sociale del giornalismo.
Come sottolinea Anja Osterhaus, direttrice generale di RSF “il giornalismo indipendente è una spina nel fianco degli autocrati” ma “se i media sono finanziariamente in difficoltà, chi smaschererà disinformazione, e propaganda? Oltre alla nostra lotta quotidiana per la sicurezza dei giornalisti, ci impegniamo quindi anche a rafforzare le basi economiche del giornalismo”.
Nel complesso, la situazione viene classificata come “molto grave” in 42 paesi. Tra questi, spiccano Giordania, Hong Kong, Uganda, Etiopia, Ruanda, Kirghizistan e Kazakistan. L’Eritrea si conferma all’ultimo posto, seguita da Corea del Nord e Cina.