K metro 0 – Dacca – La Corte Suprema del Bangladesh ha concesso oggi la libertà su cauzione a Chinmoy Krishna Das Brahmachari, noto anche come Chandan Kumar Dhar, leader della comunità induista arrestato lo scorso novembre con l’accusa di sedizione. I giudici Atoar Rahman e Ali Reza hanno accolto la nuova istanza di rilascio,
K metro 0 – Dacca – La Corte Suprema del Bangladesh ha concesso oggi la libertà su cauzione a Chinmoy Krishna Das Brahmachari, noto anche come Chandan Kumar Dhar, leader della comunità induista arrestato lo scorso novembre con l’accusa di sedizione. I giudici Atoar Rahman e Ali Reza hanno accolto la nuova istanza di rilascio, dopo averla respinta il 4 febbraio.
Das era stato arrestato il 26 novembre a Chittagong, un giorno dopo una manifestazione della comunità induista durante la quale una bandiera color zafferano era stata issata sopra quella del Bangladesh su un monumento dedicato all’indipendenza del Paese. L’episodio aveva portato a un’accusa formale contro Das e altri 18 partecipanti.
Portavoce di Sammilita Sanatani Jagaran Jote, un’alleanza che rappresenta due organizzazioni per i diritti degli induisti e di altre minoranze – Bangladesh Sanatan Jagaran Manch e Bangladesh Sommilito Shankhaloghu Jot – Das ha ricoperto in passato anche ruoli di vertice nell’Associazione internazionale per la coscienza di Krishna (Iskcon). Il suo arresto aveva scatenato tensioni nel Paese e causato scontri tra i suoi sostenitori e la polizia. Durante gli incidenti era rimasto ucciso un giovane avvocato e le forze dell’ordine avevano fermato diverse persone.
La vicenda ha avuto eco anche oltre i confini del Bangladesh. Il ministero degli Esteri indiano aveva espresso “profonda preoccupazione” per quanto accaduto, denunciando una serie di “attacchi contro le minoranze che protestano pacificamente”. New Delhi aveva invitato le autorità del Bangladesh a garantire la sicurezza della comunità induista e a rispettare i diritti alla libertà di espressione e riunione pacifica.
“L’episodio si inserisce in una sequenza di aggressioni ai danni di minoranze religiose da parte di gruppi estremisti”, si leggeva nella nota indiana. Il governo indiano aveva inoltre denunciato “numerosi casi documentati di incendi dolosi, saccheggi, furti, vandalismi e profanazioni di templi”, criticando il fatto che “i responsabili di questi atti restano a piede libero, mentre si accusano leader religiosi per proteste pacifiche e legittime”.
La reazione di Dacca non si era fatta attendere. Il ministero degli Esteri bengalese aveva respinto le accuse indiane, giudicandole “un’intrusione negli affari interni del Paese”. Il governo del Bangladesh aveva espresso “sgomento” per come l’arresto di Das era stato “frainteso da certi ambienti”, riferendosi chiaramente a Nuova Delhi. Secondo il ministero, le dichiarazioni indiane “non solo travisano i fatti, ma danneggiano anche lo spirito di amicizia e comprensione tra due Paesi vicini”.
Il Bangladesh ha difeso l’operato delle autorità, sostenendo che il caso viene gestito nel pieno rispetto dello stato di diritto e che il governo è impegnato a combattere la cultura dell’impunità, indipendentemente dall’identità religiosa degli autori di violazioni dei diritti umani.
“Ogni cittadino del Bangladesh ha diritto a professare la propria fede e a esprimere liberamente le proprie opinioni”, ha dichiarato il ministero. “Garantire la sicurezza di tutti, incluse le minoranze religiose, è una priorità per il governo”. Infine, il dicastero ha ribadito che la magistratura del Paese agisce in piena autonomia.
La scarcerazione su cauzione di Das non chiude la vicenda giudiziaria, ma potrebbe alleggerire le tensioni con la comunità induista e contribuire a ridurre la pressione diplomatica tra Bangladesh e India.