K metro 0 – Bruxelles – La cittadinanza dell’Unione europea non può diventare oggetto di una semplice transazione commerciale. La Corte di giustizia dell’Unione europea lo ha ribadito con forza, condannando il governo maltese per il programma che consentiva l’acquisizione della cittadinanza in cambio di investimenti finanziari. Questo meccanismo, conosciuto come il regime dei “passaporti
K metro 0 – Bruxelles – La cittadinanza dell’Unione europea non può diventare oggetto di una semplice transazione commerciale. La Corte di giustizia dell’Unione europea lo ha ribadito con forza, condannando il governo maltese per il programma che consentiva l’acquisizione della cittadinanza in cambio di investimenti finanziari. Questo meccanismo, conosciuto come il regime dei “passaporti d’oro”, permetteva agli investitori stranieri di ottenere la cittadinanza maltese – e di conseguenza quella europea – attraverso un percorso di naturalizzazione legato a requisiti principalmente economici.
Nel dettaglio, Malta offriva la possibilità di ottenere la cittadinanza a chi dimostrava di aver effettuato specifici investimenti diretti o donazioni. Tuttavia, la Corte ha sottolineato che questo programma non stabiliva alcun legame autentico tra il richiedente e il Paese. Di fatto, gli Stati membri dell’Unione europea possono decidere in autonomia chi può diventare cittadino, ma devono farlo rispettando i principi fondamentali del diritto dell’Unione.
La Corte ha considerato il programma maltese una forma di commercializzazione della cittadinanza. Secondo i giudici europei, questo tipo di pratica svuota di significato lo status di cittadino europeo, trasformandolo in un bene acquistabile, e compromette i valori su cui si fonda l’Unione. La Commissione europea, già nel 2020, aveva avviato una procedura di infrazione contro Malta, ritenendo che il programma violasse il principio di leale cooperazione tra Stati membri.
Nel pronunciamento, la Corte ha ribadito che la cittadinanza europea comporta diritti e doveri specifici, tra cui la libera circolazione, la protezione diplomatica e consolare, nonché l’accesso a uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. Ogni Stato, quindi, ha il dovere di garantire che l’accesso a questi diritti avvenga in modo coerente con i valori dell’Unione. Offrire la cittadinanza in cambio di investimenti mina la fiducia reciproca tra Stati membri, un elemento essenziale per il funzionamento dell’intero sistema europeo.
La Corte ha anche chiarito che nessuna norma dei Trattati autorizza uno Stato membro a derogare all’obbligo di rispettare il diritto europeo nel processo di concessione della cittadinanza. La libertà di ciascun Paese nel definire i criteri per la naturalizzazione trova un limite proprio nel rispetto degli obiettivi comuni dell’Unione.
Questo pronunciamento non riguarda solo Malta, ma si rivolge anche ad altri Paesi che in passato hanno adottato o valutato programmi simili. L’Unione europea vuole impedire che la cittadinanza diventi uno strumento di attrazione di capitali, scollegato da reali vincoli culturali, sociali o civici. Secondo la Corte, infatti, senza un vero legame tra lo Stato e il nuovo cittadino, risulta impossibile garantire la solidarietà e la lealtà che devono caratterizzare il rapporto tra i cittadini e l’Unione.
In conclusione, la sentenza segna un punto fermo: nessuno Stato membro può trattare la cittadinanza come una merce. I diritti collegati allo status di cittadino europeo non possono dipendere dalla capacità di investire o pagare. Questa decisione riafferma il valore della cittadinanza come legame autentico con una comunità politica e sottolinea l’importanza di proteggere l’integrità dei principi fondanti dell’Unione europea.