K metro 0 – Bruxelles – Ogni anno, puntuali come le lancette, tornano le discussioni sull’ora legale, accompagnate da ritardi, sveglie sbagliate e malumori diffusi. Per milioni di cittadini europei, il cambio dell’ora è diventato un fastidio ricorrente piuttosto che una misura utile. Ma è davvero ancora necessario? Nonostante l’Unione Europea avesse tentato di abolirlo,
K metro 0 – Bruxelles – Ogni anno, puntuali come le lancette, tornano le discussioni sull’ora legale, accompagnate da ritardi, sveglie sbagliate e malumori diffusi. Per milioni di cittadini europei, il cambio dell’ora è diventato un fastidio ricorrente piuttosto che una misura utile. Ma è davvero ancora necessario? Nonostante l’Unione Europea avesse tentato di abolirlo, con tanto di consultazione pubblica e voto favorevole del Parlamento, il progetto si è fermato. Ora, con la Polonia alla presidenza del Consiglio Ue fino a luglio, il tema potrebbe tornare al centro del dibattito. Varsavia ha infatti annunciato colloqui tecnici con gli altri Stati membri entro fine mese per valutare una possibile riforma condivisa.
Tutto era iniziato nel 2018, quando la Commissione Europea lanciò una consultazione online che raccolse oltre 4,6 milioni di risposte, un numero record per l’epoca. L’84% degli intervistati si dichiarò favorevole alla fine del cambio d’ora. Tuttavia, la partecipazione non fu omogenea: più di tre milioni di risposte provenivano dalla sola Germania, mentre in molti altri Paesi l’interesse fu minimo. Nonostante ciò, nel 2019 il Parlamento europeo votò a favore della proposta di abolizione, lasciando ai singoli Stati la scelta tra l’adozione permanente dell’ora solare o di quella legale. Da allora, però, non è stato raggiunto alcun accordo, complice la diversità geografica, politica e pratica tra i Paesi.
La questione centrale resta: l’ora legale è ancora utile? Introdotta per risparmiare energia durante la crisi petrolifera degli anni ’70, l’ora legale si è stabilita definitivamente tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. In teoria, guadagnare un’ora di luce serale avrebbe dovuto ridurre i consumi elettrici. In pratica, però, gli effetti sono minimi e controversi. Secondo l’Agenzia tedesca per l’Ambiente, il risparmio energetico serale è spesso annullato dall’aumento dei consumi per il riscaldamento al mattino, soprattutto in primavera e autunno. La maggior parte degli studi concorda: i benefici energetici del cambio d’ora sono trascurabili.
Oggi, il vero peso ricade sugli effetti sulla salute. I ritmi circadiani umani – i nostri “orologi biologici” – faticano ad adattarsi al cambio brusco dell’ora, con conseguenze che spaziano dall’irritabilità ai disturbi del sonno, fino a un maggiore rischio di incidenti stradali e problemi cardiovascolari. Un’indagine danese del 2017 ha registrato un aumento dell’11% nei casi di depressione nella settimana successiva al ritorno all’ora solare. In Spagna, alcuni esperti di cronobiologia suggeriscono di mantenere l’ora solare tutto l’anno, in linea con il meridiano naturale del Paese. Tuttavia, non tutti gli scienziati sono d’accordo: secondo la neurologa bulgara Diana Dechovska, la maggior parte delle persone si adatta in pochi giorni, e solo una piccola percentuale soffre di effetti negativi duraturi.
L’ostacolo principale rimane, però, di natura geopolitica e astronomica. L’Unione Europea è attraversata da tre fusi orari, e trovare un accordo comune tra Stati con diverse latitudini e posizioni geografiche non è semplice. Se tutti adottassero l’ora legale permanente, in inverno il sole sorgerebbe molto tardi in Paesi come Belgio, Danimarca o Olanda. Al contrario, mantenendo l’ora solare tutto l’anno, in estate il sole sorgerebbe presto anche in Europa orientale, con una luce già visibile a Varsavia o Berlino poco dopo le 3 del mattino. Inoltre, una riforma mal coordinata potrebbe creare disagi nei collegamenti tra Paesi confinanti, come Francia e Germania, rischiando di compromettere l’unità del mercato unico.
Per ora, il cambio stagionale dell’ora rimane il compromesso più pratico. Ma tra pressioni sanitarie, dubbi sull’efficacia del sistema e una crescente spinta popolare – soprattutto in Europa centrale – la questione potrebbe tornare a infiammare il dibattito a Bruxelles.