K metro 0 – Tel Aviv – L’esercito israeliano ha annunciato il richiamo di decine di migliaia di riservisti nell’ambito di una nuova fase dell’offensiva militare nella Striscia di Gaza, con l’obiettivo dichiarato di “intensificare ed espandere” le operazioni contro Hamas. La decisione, confermata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), arriva in un momento di crescente pressione politica e militare, a oltre un anno e mezzo dall’inizio del conflitto.

Secondo quanto riferito dai media israeliani, il gabinetto di sicurezza ha approvato l’estensione dell’operazione militare, che dovrebbe includere azioni in nuove aree della Striscia e la distruzione sistematica delle infrastrutture di Hamas, sia in superficie sia nel sottosuolo. Tuttavia, l’attuazione del piano potrebbe slittare alla prossima settimana, dopo il previsto arrivo nella regione del presidente Donald Trump.

Le autorità israeliane giustificano l’operazione come parte di una strategia per esercitare ulteriore pressione su Hamas e ottenere il rilascio dei 59 ostaggi ancora detenuti a Gaza, 24 dei quali si presume siano vivi. Nessun ostaggio israeliano è stato rilasciato dall’interruzione del cessate il fuoco lo scorso 18 marzo. Da allora, le truppe israeliane hanno riconquistato ampie porzioni del territorio, causando nuovi sfollamenti di massa.

La situazione umanitaria nella Striscia continua a deteriorarsi rapidamente. Le agenzie umanitarie segnalano una grave carenza di cibo, acqua e medicinali, aggravata dal blocco degli aiuti imposto da Israele. Alcune organizzazioni accusano lo Stato ebraico di mettere in atto una strategia di “affamamento deliberato”, ipotizzando potenziali violazioni del diritto internazionale. Tel Aviv respinge con fermezza tali accuse.

All’interno di Israele, cresce il malcontento. Famiglie di ostaggi, riservisti esausti e oppositori politici accusano il premier Benjamin Netanyahu di sabotare le trattative per un accordo con Hamas e di prolungare il conflitto per ragioni politiche. Secondo fonti locali, l’esercito ha recentemente presentato a Netanyahu i dettagli della nuova offensiva, mentre migliaia di riservisti hanno firmato petizioni per chiedere la fine delle ostilità.

Sabato sera, nuove proteste hanno invaso le strade di Tel Aviv e altre città israeliane. “Questa guerra è inutile,” ha dichiarato la madre di uno degli ostaggi durante una delle manifestazioni principali.

Nel frattempo, il conflitto rischia di allargarsi ulteriormente. Nelle prime ore di domenica, un missile lanciato dallo Yemen dai ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, è caduto nei pressi dell’aeroporto internazionale Ben Gurion. In risposta, il premier Netanyahu ha promesso ritorsioni, mentre gli Houthi minacciano di imporre un “blocco aereo” su Israele.

Secondo il ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, nelle 24 ore precedenti alla mattina di domenica almeno 40 persone sono state uccise e altre 125 ferite. Il bilancio complessivo delle vittime palestinesi ha superato quota 52.500 dall’inizio della guerra, con oltre 2.400 morti registrati dalla ripresa dell’offensiva a marzo.

Il conflitto, scoppiato dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 in cui persero la vita circa 1.200 israeliani e 251 furono presi in ostaggio, continua senza una chiara prospettiva per il futuro. A quasi 19 mesi dall’inizio della guerra, il governo israeliano non ha ancora presentato un piano per il “day after”, alimentando ulteriori incertezze sul destino di Gaza e sull’esito del conflitto.

di Sandro Doria