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Cina sotto accusa: userebbe le basi all’estero per colpire i dissidenti

K metro 0 – Pechino – La Repubblica Popolare Cinese avrebbe istituito decine di “stazioni di polizia” nei Paesi di tutto il mondo contro i dissidenti con l’obiettivo anche d’indebolire le istituzioni democratiche e far sottrarre segreti economici e politici da parte di organismi affiliati al partito unico. Il mese scorso, il gruppo non governativo

K metro 0 – Pechino – La Repubblica Popolare Cinese avrebbe istituito decine di “stazioni di polizia” nei Paesi di tutto il mondo contro i dissidenti con l’obiettivo anche d’indebolire le istituzioni democratiche e far sottrarre segreti economici e politici da parte di organismi affiliati al partito unico.

Il mese scorso, il gruppo non governativo Safeguard Defenders, con sede in Spagna, ha pubblicato un rapporto intitolato “110 Overseas. Chinese Transnational Policing Gone Wild”, incentrato sulle stazioni estere. La direttrice della campagna del gruppo, Laura Harth, ha dichiarato all’Associated Press che la Cina ha creato almeno 54 stazioni di polizia all’estero.

“Uno degli obiettivi di queste campagne, ovviamente, come quello di reprimere il dissenso, è di mettere a tacere le persone”, ha detto Harth. “Quindi la gente ha paura. Le persone prese di mira, che hanno familiari in Cina, hanno paura di parlare”.

Pronta la replica del portavoce del Ministero degli Esteri cinese Mao Ning. “Le autorità di pubblica sicurezza cinesi osservano rigorosamente il diritto internazionale e rispettano pienamente la sovranità giudiziaria degli altri Paesi”. Eppure molte delle strutture sembravano avere legami con le aree di Fuzhou e Qingtian, dove molti cinesi d’oltremare sono originari.

Il governo irlandese ha comunicato alla Cina la chiusura di una stazione di servizio d’oltremare della polizia di Fuzhou operante a Dublino e ha così dichiarato: “Le azioni di tutti gli Stati stranieri sul territorio irlandese devono essere conformi al diritto internazionale e ai requisiti della legge nazionale”. Subito l’ambasciata cinese ha fatto sapere che le attività dell’ufficio sono cessate.

In allerta anche il governo olandese che sta indagando se due stazioni di polizia di questo tipo – una virtuale ad Amsterdam e l’altra presente fisicamente a Rotterdam – siano state istituite nei Paesi Bassi. “Non siamo stati informati di questi centri attraverso i canali diplomatici” ha risposto il Ministero degli Affari esteri olandese.

Sembra così del tutto inverosimile la difesa di un altro portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, che ha descritto gli avamposti stranieri identificati da Safeguard Defenders come “stazioni di servizio per i cinesi che si trovano all’estero e hanno bisogno di aiuto, ad esempio per il rinnovo della patente di guida”.

In realtà i casi sospetti di “stazioni di polizia” sono numerosi. Un legislatore ungherese dell’opposizione ha affermato di aver scoperto in questo mese due siti a Budapest in cui operano stazioni di polizia cinesi d’oltremare all’insaputa del Ministero degli Interni del Paese. Il legislatore, Marton Tompos, ha detto che una delle due sedi nella capitale ungherese aveva un cartello con la scritta “Qingtian Overseas Police Station”. Tompos ha dichiarato di non essere riuscito a contattare nessuno affiliato ai siti e che quando si è recato di nuovo in visita giorni dopo, l’insegna era stata rimossa.

Tre stazioni di polizia cinesi informali sono attive, infine, in Portogallo, stando a quanto riferito da Safeguard Defenders. Il pubblico ministero sta già indagando sul caso. La Procura Generale (PGR) ha dichiarato proprio ieri che sono in corso indagini da parte del Dipartimento Centrale di Investigazione e Procura (DCIAP) sul presunto funzionamento illecito di “stazioni di polizia cinesi” in Portogallo. La DCIAP è la procura che indaga sulla criminalità organizzata più grave, complessa e sofisticata.

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