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Antisemitismo in Europa, la Francia è il paese in cui gli ebrei si sentono meno al sicuro

Antisemitismo in Europa, la Francia è il paese in cui gli ebrei si sentono meno al sicuro

K metro 0 – Parigi – Il dato è emerso da uno studio presentato alla Conferenza annuale dell’ European Jewish Association a Budapest (20-21 giugno). La ricerca, intitolata “Europa ed ebrei, un indice nazionale di rispetto e tolleranza verso gli ebrei”, è stata condotta negli ultimi due anni da Daniel Staetsky, capo dell’Unità demografica degli

K metro 0 – Parigi – Il dato è emerso da uno studio presentato alla Conferenza annuale dell’ European Jewish Association a Budapest (20-21 giugno).

La ricerca, intitolata “Europa ed ebrei, un indice nazionale di rispetto e tolleranza verso gli ebrei”, è stata condotta negli ultimi due anni da Daniel Staetsky, capo dell’Unità demografica degli ebrei europei presso l’Institute for Jewish Policy Research di Londra e dall’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali, su un campione 16.000 ebrei.

La Francia, con h la più grande comunità ebraica d’Europa (circa 500.000 persone) occupa la decima posizione in questa classifica, nonostante le buone politiche governative riguardanti gli ebrei.

L’indice, incrocia quattro serie di dati: il sentimento di sicurezza della comunità ebraica, l’atteggiamento della popolazione nei confronti degli ebrei e di Israele, l’antisemitismo e infine le “politiche governative” relative agli ebrei.

Italia e Ungheria occupano i primi due posti in classifica. Il Belgio, l’ultimo (il 12°) dietro a Germania, Spagna, Danimarca, Regno Unito, Svezia, Polonia o Paesi Bassi.

Come possibili spiegazioni, del forte sentimento di preoccupazione degli ebrei francesi per la loro sicurezza, Staetsky ha citato “gli attacchi terroristici antisemiti” quali l’attentato alla scuola ebraica Otzar Hatorah a Tolosa nel 2012 (ad opera di un giovane francese di origini algerine, legato ad Al Qaeda) o l’attacco all’Hypér Cacher, alla Porte de Vincennes (9 gennaio 2015) dopo l’assalto alla redazione del magazine “Charlie Hebdo” e altri omicidi o atti di violenza.

Nel 2015, dopo la strage terroristica del Bataclan, 7.835 ebrei francesi si sono trasferiti in Israele. Il numero dei nuovi immigrati partiti dalla Francia è poi sceso a 5.200 ca. nel 2016, anno della strage di Nizza, e a 3.500 nel 2017.

Nel 2017 si è avuto un sostanziale calo delle “minacce antisemite” (-17,1%, passando da 258 a 214) a fronte però di una crescita degli “atti antisemiti”, dai 77 del 2016 a 97, di cui 30 attacchi alla persona. Per quanto riguarda i luoghi di culto, mentre calano le violenze nei confronti di quelli cristiani (-7,5%) e musulmani (-15%), verso quelli ebraici si registra un aumento del 22 per cento rispetto al 2016: 28 eventi nel 2017 rispetto ai 23 dell’anno precedente. Fra tutti gli accadimenti spinti dall’odio registrati in Francia nel 2017, il 39% consiste in atti antisemiti.

Ma al di là delle contingenze, a rafforzare l’inquietudine degli ebrei è il diffuso sentimento antisemita nell’opinione pubblica francese. Secondo i dati di un’indagine IFOP commissionata dall’American Jewish Committee, l’85% degli ebrei francesi e il 64% del paese nel suo insieme pensa che l’antisemitismo sia un sentimento diffuso. In crescita, secondo il 64% degli ebrei.

Il 68% di loro è stato preso in giro o molestato e il 20% è stato vittima di aggressioni, a causa dell’appartenenza religiosa. Un fenomeno aggravato nel caso si indossi un segno esterno come la kippah o una Stella di David. Per evitarle, il 60% dei genitori chiede ai propri figli di non recarsi “in certi quartieri” e il 55% di non portare segni distintivi. Il 45% dei genitori chiede anche ai propri figli di nascondere la propria appartenenza religiosa.

Il sondaggio rivela che il 49% dei musulmani francesi denuncia le idee di estrema destra come colpevoli dell’antisemitismo, mentre il 54% dei cattolici francesi ritiene che l’islamismo sia responsabile.

Ma con buona pace dei filistei d’ogni risma, resta il fatto che l’antisemitismo è profondamente incistato nella storia e nella cultura francese cattolico-monarchica reazionaria.

Il fascismo, del resto è nato in Francia, come ci ricorda il grande storico israeliano Zeev Shternell, ben prima che si manifestasse in Italia. Dagli anni ’80 dell’Otocento, la Francia è stata il terreno di coltura dell’ideologia di un’estrema destra, prima aristocratica e monarchica come quella dell’Action Française (antisemita, antiparlamentare e antidemocratica), poi popolare, boulangista.

Due destre con radici in una storia che ha segnato profondamente la Francia. Entrambe all’origine del futuro sostegno al regime collaborazionista di Vichy. Ma ancor più e ancor prima, all’origine di un pericoloso antisemitismo.

L’antisemitismo come una “grande idea politica”, come ha scritto Hanna Arendt (in Origini del totalitarismo) era stato sperimentato “in precedenza a Berlino e a Vienna… ma in nessun luogo come in Francia diede prova della sua efficacia”.

E solo grazie agli anticorpi della sua tradizione rivoluzionaria e democratica la Francia non è diventata la patria l’olocausto.

Secondo la classifica di Zaetsky, il paese dove gli ebrei si sentono più sicuri è la Danimarca. L’Ungheria è al primo posto per il numero più basso di ebrei che subiscono attacchi antisemiti, seguita dall’Italia.

Il Belgio è all’ultimo posto per quanto riguarda le azioni governative a favore della sua comunità ebraica. Si punta il dito contro il divieto di macellazione rituale, la messa in discussione della circoncisione e della libertà di culto, il clima antisemita e la mancanza di reattività delle autorità nel rispondere alle richieste della comunità.

Il vicepremier ungherese, presente al meeting di Budapest, ha “condannato il Belgio”: “I diritti degli animali non devono essere posti al di sopra del diritto delle minoranze religiose a praticare liberamente la propria religione”, ha affermato Zsiolt Semjén.

L’incontro di Budapest ha riunito circa 250 persone, inclusi 120 rappresentanti e leader delle comunità ebraiche in Europa.

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