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Operazione droga a Secodigliano: Di Giacomo, giro di affari di almeno 10 milioni solo nelle carceri campane

K metro 0 – Napoli – Il clamore mediatico che accompagna la scoperta oggi della “piazza” di spaccio di droga nel carcere di Secondigliano che coinvolge anche tre agenti –per i quali vanno accertate le responsabilità e sanzionate con pene severe – ci pare la più classica “scoperta dell’acqua calda”. Sono anni che andiamo ripetendo

K metro 0 – Napoli – Il clamore mediatico che accompagna la scoperta oggi della “piazza” di spaccio di droga nel carcere di Secondigliano che coinvolge anche tre agenti –per i quali vanno accertate le responsabilità e sanzionate con pene severe – ci pare la più classica “scoperta dell’acqua calda”. Sono anni che andiamo ripetendo che lo spaccio di droga, solo nelle carceri campane, ha raggiunto un giro di affari illeciti per almeno 10 milioni di euro l’anno, controllato da pochi clan e famiglie della camorra”. Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “di fronte al traffico oltre che di ogni tipo di droga, proprio come in tutte le piazze di spaccio esterne, di armi, telefonini di così vaste proporzioni non vorremmo che l’attenzione adesso si concentri esclusivamente sui tre agenti indagati che, ripetiamo, se hanno responsabilità devono pagare anche per non alimentare ulteriormente la campagna di delegittimazione del personale di polizia penitenziaria che perdura, senza soste, dai fatti di Santa Maria Capua Vetere di due anni fa.

Si pensi solo all’uso dei telefonini per gestire il traffico di droga fuori dal carcere e per impartire ordini di comando ai clan sui territori per assassini, furti, rapine, vendette, estorsioni: per restare a Secondigliano, dall’inizio dell’anno sono circa 150 i telefonini in uso a detenuti rinvenuti. Ma, nessuno si interroga sulle motivazioni del mancato rinvenimento di sim, che invece consentono di continuare ad usare altri telefonini magari facendone trovare alcuni in spazi comuni dei detenuti o magri nelle celle dei detenuti “deboli” delle organizzazioni camorriste. E tanto meno ci si interroga su chi e come garantisce l’introduzione dei cellulari.

Almeno noi – afferma Di Giacomo – non siamo disposti a fare come le “tre scimmiette” e quindi a chiudere occhi, bocca ed orecchie rispetto a tutto quello che avviene nei penitenziari per doppia responsabilità del clima buonista nei confronti dei “poveri” detenuti in sofferenza e dell’incapacità di istituzioni e politica a dare soluzioni almeno alle più gravi emergenze esistenti e contrasteremo in ogni modo e strumento che ci sono consentiti il disegno della criminalità organizzata di imporre il proprio comando approfittando della assenza dello Stato. Lo faremo a partire dal pieno sostegno alle iniziative di legittima protesta delle associazioni delle vittime di mafia e per tutelare i nostri colleghi che quotidianamente subiscono aggressioni e violenze da detenuti”.

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