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Ricerca, dati preoccupanti sulle microplastiche presenti nella neve dell’Artico

Ricerca, dati preoccupanti sulle microplastiche presenti nella neve dell’Artico

K metro 0 – Bremerhaven – Uno studio, pubblicato mercoledì 14 agosto sulla rivista” Science Advances” e ripreso da AP, riassumente le conclusioni di una ricerca effettuata, in più aree del mondo, da un team internazionale di scienziati, solleva inquietanti interrogativi sugli effetti dei residui di plastica non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute degli esseri viventi.

K metro 0 – Bremerhaven – Uno studio, pubblicato mercoledì 14 agosto sulla rivista” Science Advances” e ripreso da AP, riassumente le conclusioni di una ricerca effettuata, in più aree del mondo, da un team internazionale di scienziati, solleva inquietanti interrogativi sugli effetti dei residui di plastica non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute degli esseri viventi.

I ricercatori hanno esaminato campioni di neve raccolti nei siti più diversi (Artico, Germania settentrionale, Alpi bavaresi e svizzere e isola di Helgoland, nel Mare del Nord), con un nuovo tipo di analisi di laboratorio. “Mentre ci aspettavamo di trovare microplastiche, le enormi concentrazioni rinvenute in questi campioni di neve ci hanno sorpreso”, ha detto Melanie Bergmann, ricercatrice presso l’Istituto “Alfred-Wegener” di Bremerhaven, in Germania.

Gli scienziati, infatti, affermano anzitutto di aver trovato un’alta concentrazione di minuscole particelle di plastica nella neve artica: a conferma che le cosiddette microplastiche – che si formano quando la plastica si rompe e si formano pezzi più piccoli di 5 millimetri – vengono risucchiate nell’atmosfera e trasportate sino ai più remoti angoli del pianeta (da Parigi a Teheran, sino a Dongguan, in Cina: come già dimostrato da precedenti ricerche).

I frammenti, insomma, si disperdono nell’aria in modo simile a polvere, polline e polveri sottili provenienti dagli scarichi degli autoveicoli. Sempre Melanie Bergmann ha affermato che le più alte concentrazioni di microplastiche in assoluto sono state trovate nelle Alpi bavaresi (logica area di concentrazione dei residui provenienti da tante parti del Vecchio continente e degli altri, data la loro posizione centrale in Europa, facilmente raggiungibile dai venti): con un campione di oltre 150.000 particelle per 1 litro di neve.  Sebbene i campioni dell’Artico fossero meno contaminati, la terza più alta concentrazione -14.000 particelle per litro – proveniva proprio da quell’area, una banchisa nello Stretto di Framm al largo della Groenlandia orientale. In media, nei campioni provenienti da quella regione, i ricercatori hanno trovato 1.800 particelle a litro.

Significativo, in particolare, il commento di Martin Wagner, biologo dell’Università norvegese di Scienza e tecnologia, che non era coinvolto nello studio: il quale ha evidenziato l’importanza dei nuovi metodi utilizzati dai ricercatori, che hanno permesso loro di identificare, nei campioni, microplastiche sino a soli 11 micrometri, o 0,011 millimetri, meno della larghezza di un capello umano. “Questo è significativo – ha detto Wagner – perché la maggior parte degli studi ha finora esaminato microplastiche molto più grandi. In base a ciò, vorrei concludere che sottovalutiamo moltissimo i livelli effettivi di microplastiche nell’ambiente… Inoltre, la neve può essere un serbatoio importante per la conservazione di microplastiche e il loro rilascio durante lo scioglimento della neve stessa: qualcosa che non è mai stato visto prima”.

Le microplastiche rilevate nello studio – ha precisato la Dottoressa Bergmann – includevano vernici che potrebbero essere state utilizzate per rivestire automobili e navi, gomma proveniente da pneumatici e materiali che potrebbero aver avuto origine da tessuti o imballaggi.

Si tratta di una ricerca molto importante, che impegnerà a lungo gli scienziati di tutto il mondo, per approfondire e verificare esattamente dati e conseguenze.

I ricercatori devono ancora individuare quale esatto effetto le particelle minute hanno sull’uomo e sulla fauna selvatica L’interrogativo, osserviamo, si aggiunge all’altro – al quale, pure, la comunità scientifica ancora non ha dato risposte definitive – se la plastica ingerita dai pesci venga effettivamente assimilata nel loro organismo, con la conseguente possibilità di trasferirsi in quello umano attraverso il consumo alimentare (della questione si è occupata, pochi mesi fa, l’altra autorevole testata “National Geographic”).

“Abbiamo davvero bisogno di sapere quali effetti hanno le microplastiche sull’uomo, specialmente se inalate con l’aria che respiriamo”, ha concluso Melanie Bergmann.

Intanto, sempre a proposito di ambiente, l’ecoattivista svedese Greta Thunberg è salpata – come aveva promesso – da Plymouth, sulla costa britannica, per New York: con una traversata che è parte importante della sua campagna contro il rischio del cambiamento climatico.

La sedicenne ecologista – partita sullo yacht ad alta tecnologia, fornito da Stefano Casiraghi, figlio di Carolina di Monaco – vuole partecipare ai vertici delle Nazioni Unite sul clima di New York e Santiago del Cile (rispettivamente a settembre e dicembre prossimi). Lo yacht è attrezzato in modo da compiere un viaggio transatlantico a zero emissioni di carbonio.

di Fabrizio Federici

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